L’ascolto attivo – consigli per l’uso di una grande risorsa per manager e professionisti

Come spiegato in un nostro vecchio articolo, “Elogio dell’ascolto”, sono molti i fenomeni e i fattori della società contemporanea che hanno portato a un progressivo degrado della capacità di ascoltare.

Il buon management; l’ottenere grandi risultati nel lavoro di team; l’adottare la migliore strategia con il nostro cliente passano necessariamente attraverso una comunicazione che ci permetta di entrare in un vera relazione con l’altro. Ciò può esistere solo laddove anche l’ascolto sia di qualità e non si limiti a un ascolto superficiale.

Non conta solo ciò che diciamo, ma anche il nostro destinatario: cosa vuole dirci e cosa ci risponderà. Insomma, il feedback che verrà generato, anche quando la comunicazione parta da noi.

Sappiamo quanto il solo rendersi conto di essere veramente ascoltati possa generare in chi stia parlando una sensazione positiva e, quindi, di predisposizione costruttiva verso l’altra parte.

Se pretendiamo per noi stessi di provare questa sensazione non vogliamo, forse, che anche i nostri collaboratori, i nostri clienti, le persone che incontriamo lavorando, la provino parlando con noi? Certo che sì!

Non esiste assertività laddove non si abbia sviluppato, oltre alla capacità di esporre le proprie idee in un certo modo, anche una certa capacità nell’ascolto.

Ascoltare attentamente anche il più giovane dei nostri collaboratori può illuminarci, magari grazie ad una sua intuizione sopraggiunta per caso, nella definizione di una strategia. Dall’altra parte, se questo nostro collaboratore si sarà sentito ascoltato sarà sempre più motivato e, di conseguenza, più produttivo.

L’ascoltare il parere contrario dell’avvocato nostro “avversario” durante una mediazione, facendogli sentire di essere coinvolti pienamente da quanto sta dicendo, facendogli percepire una nostra predisposizione a comprendere anche le ragioni del suo cliente, può aiutare molto la mediazione e il raggiungimento di un accordo.

E se il mondo in cui viviamo a tratti ci aiuta a comunicare meglio mentre a tratti confonde le nostre comunicazioni, cosa possiamo fare, quindi, per non trascurare quella grande risorsa che è l’ascolto?

Possiamo iniziare, alla luce di quanto detto sin qui, con chiederci: quanto siamo veramente coinvolti dalle nostre comunicazioni?

Esiste un modo per migliorare la nostra capacità di ascoltare, cogliendo il vero significato del messaggio che ci arriva e che ci permetta di generare un feedback appropriato?

Sì. E questo modo si chiama ascolto assertivo o attivo.

L’esempio fatto poco sopra della mediazione è un esempio di ascolto attivo e vede chi ascolta in un ruolo non di passivo ricevente, ma anzi richiede una volontà di lasciarsi coinvolgere pienamente; di mettersi in gioco.

Come?

Innanzitutto dobbiamo eliminare, per quanto ci sia possibile, le fonti di disturbo (chiamate in entrata, emails, sms…).

Dalla psicologia, poi, ci giungono preziosi suggerimenti su come porsi verso l’altro quando stia parlando:

– fare sentire che per noi è importante quanto sta dicendo;

– evitare di interrompere e/o di fargli sentire che ha poco tempo a disposizione;

– cercare di comprendere le sue motivazioni e i suoi obiettivi;

– partecipare fisicamente in modo attivo: con una gestualità aperta e uno sguardo diretto, accogliente e, quando occorra, d’intesa;

– partecipare non solo con la razionalità, ma anche con la nostra sensibilità;

– essere attenti anche alla comunicazione non verbale;

– attingere alla nostra esperienza per aprirci quanto più possibile all’altro e metterlo a proprio agio;

– porsi in un’ottica empatica, mettendoci nei panni dell’altro;

– avere un approccio non inficiato da ciò che vorremmo sentirci dire e da pregiudizi di qualunque tipo;

– essere pronti anche a farsi stupire e al confronto dialettico;

– mettere da parte il proprio ego, evitando di volere primeggiare;

– evitare di ricondurre a sé stessi o alle proprie ragioni quanto dice;

– intervenire con qualche incoraggiamento, laddove la situazione lo richieda;

– condividere la “nostra versione” di quanto ha detto: restituirgli/le con parole nostre quanto ci ha detto per verificare se abbiamo veramente capito;

– inviare feedback e stimoli.

Questi sono alcuni dei principali consigli di ciò che dovremmo fare e ciò dovremmo, invece, evitare di fare per potere mettere in pratica quell’ascolto attivo che, come detto, può essere una vera risorsa per il nostro lavoro e la nostra vita professionale. Sviluppare e affinare il più possibile questa capacità di ascolto attivo:

– migliora le nostre relazioni professionali, interne ed esterne;

– produce grandi benefici in termini organizzativi;

– aumenta la produttività e la creatività;

– aiuta a delineare strategie migliori;

– conduce a meglio raggiungere i nostri obiettivi.

Non male vero?

E se è vero che la palestra dell’ascolto attivo è sempre aperta… Cosa aspettiamo ad esercitarci un po’ tutti i giorni?

 

Legal Grounds

 

Letture consigliate e nostre fonti:

http://www.terapiaconsulenza.it/1/assertivita_l_ascolto_attivo_9700118.html

https://www.psicologi-italia.it/disturbi-e-terapie/comunicazione/articoli/l_arte-di-saper-ascoltare-ascolto-attivo.html

http://www.psicologiaok.com/1405/larte-di-ascoltare-ascolto-attivo-e-comunicazione-efficace/

http://www.professionisti.it/enciclopedia/voce/2077/Ascolto-attivo

 

 

 

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